Cosa dicono dell’Inquietudine

“Il Circolo degli Inquieti organizzatore degli unici eventi al mondo dedicati all’Inquietudine” Elio Ferraris, ideatore e già presidente del Circolo degli Inquieti

Vi sono artisti, musicisti, scrittori, filosofi, scienziati, poeti, ecc che in ogni luogo ed in ogni tempo hanno titolato loro opere all’Inquietudine o ad essa hanno fatto riferimento, da Fernando Pessoa con il Libro dell’Inquietudine ad Antonio Vivaldi con il Concerto in do maggiore per violino, archi e basso continuo, titolato proprio L’Inquietudine.
Ma tanti altri si potrebbero citare.
Nel mondo – dedicati a questo “tema” – esistono solo gli eventi ideati e organizzati dal Circolo degli Inquieti.
Il Festival do Desassossego a Lisbona è limitato alla divulgazione dell’opera di Pessoa e della cultura lusitana; in Australia, il Restless Adelaide Festival svoltosi, però solo nel 2002 era orientato sull’arte contemporanea.
La Festa dell’Inquietudine e Un Millesimo di Inquietudine, invece, sono gli unici eventi al mondo dedicati a tutto tondo, appunto, all’Inquietudine.

“Inquieto, e non agitato o irrequieto” Marcello Veneziani, Giornalista.

Ma che dite, oggi la gente non è inquieta per niente, vive e basta, anzi si lascia vivere. Inquietudine vuol dire tormento del pensare, raffica di dubbi mentali, esistenziali e metafisici. Qui invece calma piatta. O meglio, siamo agitati ma non inquieti. Aveva ragione Pessoa a notare nel Libro dell’inquietudine, che queste caratteristiche, in una situazione normale, ci avrebbero portato in manicomio: incapacità di pensare, agitazione permanente, assenza di morale, valori-guida e disegni di vita. Ma qui entriamo nell’ipotesi opposta: allora vuol dire che siamo davvero inquieti. Propendo alla fine per una terza soluzione: oggi in prevalenza non siamo inquieti, se non nei fondali inesplorati della nostra vita; piuttosto siamo irrequieti, nel senso che non ci fermiamo mai, nemmeno a pensare. Agito ergo sum è la nostra bandiera di vita. Si, al meglio siamo allievi di Bruce Chatwin e della sua Anatomia dell’irrequietezza. Ma riversiamo sulla fisica, sugli spazi, sui viaggi, sull’instabilità esistenziale, l’inquietudine della mente. Eppure l’inquietudine è un segno di intelligenza, vuol dire che non ci accontentiamo della vita così come viene, non ci basta l’apparenza e nemmeno la realtà, c’è qualcosa che eccede e che cerca. Aveva ragione Agostino sul nostro cuore inquieto; aveva ragione Pascal, e poi loro, i Baudelaire e i Rimbaud”.

(Da Libero 31/05/08 e aggiornato dall’Autore per La Civetta 4/2008)

“Inquieto si, depresso no” Maurizio Ferraris, ordinario Filosofia teoretica Univ. di Torino

“Esistono diversi tipi di inquietudine. Inquieto è chi tamburella con le dita sulla scrivania, chi si muove di continuo, chi cambia programma di ricerca cinque volte nella vita come Hilary Putnam, quattro volte come Russell, due volte come Wittgenstein e una volta come il sottoscritto. Se l’inquietudine viene fatta coincidere con gli stati d’ansia, allora abbiamo varie tipologie, che sono radicate nel carattere, dipendono dal modello di educazione ricevuta o sono legittimate da eventi esterni. Tutto questo ci indica che l’inquietudine è un insieme di fenomeni in cui si depositano una grande quantità di cose. Detto questo, è necessario anche sottolineare – e questo forse è meno ovvio – che l’inquietudine non è un difetto ma uno stato che può risultare piacevole. Quando si dice che l’inquietudine non è una cosa brutta viene da pensare immediatamente alla calma. Tuttavia, l’associazione tra queste due condizioni potrebbe suscitare una grande noia (un Caos calmo è terribilmente noioso!). La quiete è vicina alla morte, l’inquietudine no. L’inquietudine non è una malattia. Ad esempio l‘inquietudine non può essere scambiata per depressione. Chi è depresso è indifferente, non certamente inquieto”.

“Eros come inquietudine?” Maurizio Ferraris, ordinario Filosofia teoretica Univ. di Torino

“Il principio di Eros è il pulsare medesimo dell’inquietudine. Eros si muove da una parte all’altra, risolve le situazioni stagnanti, come accade nelle Nozze di Figaro di Beaumarchais. L’inquietudine è quella che per gli Stoici era la passione, la perturbazione dello stato di quiete, l’incresparsi di una superficie d’acqua”.

(La Civetta, 2/2008)

“Inquieto è colui che cerca il senso e l’essenza della vita” Duccio Demetrio, Ordinario Filosofia dell’educazione e Teorie e pratiche autobiografiche alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.

“Spetta alla filosofia aprire alla vera essenza dell’inquietudine, che può essere definita come costante tensione al pensare e all’agire etico di cui la filosofia si è sempre occupata. Teofrasto e lo stesso Aristotele ci forniscono i primi esempi di profili di inquietudine. Inquietudine è l’esperienza di autoanalisi che la filosofia conduce su di sé. Manifestazione di inquietudine è la ricerca del senso e dell’essenza della vita, il tentativo di decifrare la verità umana, pur nella sua fragilità e debolezza. Il gesto filosofico costitutivo, attraversare il mondo in cui si è, è già una dimensione di autentica inquietudine”.

(La Civetta, 6/2007)

“Inquietudine: grande tema della filosofia” Francesca Rigotti, Docente Dottrine politiche di Lugano

“Da una prospettiva di storia del pensiero, quello dell’inquietudine dell’animo umano è uno dei grandi temi della filosofia, da Agostino ai filosofi esistenzialisti e oltre. Tutti hanno infatti notato che sul fondo dell’animo vibra un senso continuo di insoddisfazione, una specie di soglia di inquietudine: finché questa rimane a un livello basso, è tollerabile e persino positiva, giacché costituisce una molla all’azione e al mutamento e se possibile al miglioramento delle proprie condizioni. Quando però il livello dell’inquietudine sale troppo in alto, provoca una situazione di malessere che può trasformarsi in dolore intenso”.

(La Civetta, 5/2007)

“Inquietudine è conoscenza” Franco Ferrarotti, professore emerito di sociologia alla Sapienza – Università di Roma.

“Dal cor inquietum di Sant’Agostino al cogito cartesiano, la conoscenza e l’inquietudine sono pressoché inseparabili, nel senso che la conoscenza è un’avventura, con tutta l’inquietudine che quest’esperienza comporta. Lo studium è una passione, un’avventura appunto. Non una semplice ricerca che si sviluppa in modo neutro intorno ad un obiettivo da raggiungere. No la conoscenza è molto di più. Chiede un coinvolgimento appassionato del soggetto che vuole conoscere con l’oggetto del suo interesse”.

(Il Messaggero, marzo 1997)

“L’inquietudine e la neurobiologia” Alberto Oliverio, Ordinario Neurobiologia Univ. di Roma

“L’inquietudine non ha soltanto una dimensione letteraria, filosofica o psicoanalitica ma appartiene anche alla stessa natura del nostro cervello, alla sua spasmodica ricerca di novità. “L’inquietudine del nostro cervello ha origine, in ultima analisi, dal fatto che le sinapsi, i minuscoli punti di contatto che uniscono le cellule nervose una rete intricata e gigantesca, per mantenersi in vita hanno bisogno di essere continuamente “lubrificate” da stimoli che le sollecitino, che percorrano le trame nervose in cui sono racchiuse esperienze, sensazioni e ricerche che, altrimenti si disintegrerebbero”.

(Il Messaggero, marzo 1997)

“…il circolo più colto ed eccentrico d’Italia…” Silvia Ronchey, 2016

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