Eros e Inquietudine: Intervista a Umberto Curi

Graziella Arazzi

Nella storia della cultura occidentale, le narrazioni d’amore sono state colorate da un’intensa e sfumata  inquietudine, che ha reso visibile il volto di Eros, fragile e vigoroso ad un tempo. Proprio a questo eco comune, che attraversa le varie modulazioni della tensione amorosa, da tempo sta prestando ascolto il lavoro di Umberto Curi, docente di Storia della Filosofia e preside del corso di laurea in Filosofia all’Università di Padova.

Molte sue opere paiono segnare il cammino dell’inquietudine che accompagna la vita di Eros: La cognizione dell’amore. Eros e Filosofia (Feltrinelli, 1997); Filosofia del Don Giovanni. Alle origini di un mito moderno (Bruno Mondatori, 2002); La forza dello sguardo (Bollati Boringhieri, 2004); Don Giovanni. Variazioni sul mito (Marsilio, 2005).

– La sua ultima e interessante proposta, <Miti d’Amore. Filosofia dell’Eros>, fresco di stampa nei Tascabili Bompiani, ci conduce a valutare l’importanza di una dimensione che sempre attrae e disorienta, turba e scompiglia l’esistenza per riconfigurare nuove forme di vita.

“ In realtà, questo libro rappresenta un punto di un percorso di ricerca unitario, che costituisce per me un orizzonte di riferimento da oltre dieci anni e che ha avuto origine con un mio precedente saggio, uscito da Feltrinelli nel 1997. Con un titolo significativo, La cognizione dell’amore. Eros e Filosofia, quest’opera intendeva richiamare per assonanza il titolo di un celebre romanzo di Carlo Emilio Gadda ma ancor più con maggior forza mirava a un altro obiettivo: guidare il lettore a vedere la connessione tra due termini, apparentemente lontani e dissimili, amore e conoscenza.

– Che significato ha questo rapporto?

“In qualche modo, il binomio, o meglio il legame tra conoscenza e amore è il tema, lo sfondo su cui variamente e con accenti comuni si proiettano tutti i miti di Eros. Spetta all’indagine filosofica recuperare la vicinanza tra Eros e costruzione del sapere, mettendo a  fuoco un nesso che, nella mentalità comune, viene non solo negato ma sostituito da una relazione di mutua incomprensione tra i due termini. Si ritiene che Eros ottunda la nostra capacità conoscitiva e si pensa che l’innamoramento sia una condizione passionale, che conduce l’uomo a uscire dai confini della razionalità. L’innamoramento è considerato come qualcosa che porta l’uomo fuori di testa, nel senso che egli non riuscirebbe più a ragionare, a causa della forza e dell’intensità della pulsione che lo colpisce e lo cattura”.

– In realtà non è così…

“Infatti. Se analizziamo la tipologia dei racconti mitici, Eros emerge e rende visibile lo stretto legame che esiste tra la passione amorosa e le svariate forme del conoscere. Un rapporto denso e paradossale, in cui ognuno dei due termini tende all’altro, pur mantenendo la sua natura. Leonardo Da Vinci, testimone dell’inquietudine in cui Eros e sapienza si congiungono, affermava che <ogni nostra cognizione principia dai sentimenti> e sottolineava come non si conosca in maniera approfondita se non quello che si ama e non si ami se non ciò di cui è possibile approfondire la conoscenza in mille rivoli”.

– Amore e conoscenza sono simili ma anche dissimili: rappresentare questo intreccio è la vera fatica della riflessione, che ha bisogno di sostenersi, ricorrendo all’energia del resoconto mitico?

“Credo di sì. L’inquietudine di ogni situazione amorosa rispecchia il rapporto di contemporanea lontananza e prossimità della passione e della conoscenza, all’interno di un mutuo incremento che si genera tra l’amare e l’apprendere. E’ una struttura che ricorre frequentemente nella tradizione filosofica occidentale, da Platone ad Aristotele, da Hegel a Kierkegaard”.

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