Estreme dimore: cimiteri inglesi in Italia

Alessandro Bartoli
Un breve viaggio tra le ultime dimore italiane di aristocratici, scrittori, artisti e mercanti inglesi scomparsi in Italia tra Settecento e Novecento; un percorso verso i luoghi silenziosi e ormai quasi abbandonati delle antiche colonie protestanti della nostra penisola.
L’accordo commerciale fra Elisabetta I e Ferdinando I  e la nascita a Livorno della più antica “estrema dimora” inglese del Mediterraneo
Per uno straniero che sceglie o è costretto a vivere all’estero, l’idea della morte lontano dalla propria patria può assumere le più svariate connotazioni, dall’amaro esilio alla consolatoria prospettiva di trascorrere l’eternità magari in un piccolo fazzoletto di terra appesa alle pendici di una collina affacciata sul Mediterraneo, come accadde per lo scrittore Norman Douglas a Capri. Il limite, quello estremo, fu segnato per gli stranieri acattolici che scelsero l’Italia come ultima dimora da alcuni suggestivi luoghi di quiete, cimiteri dove in un apparente disordine multietnico, in un poliglotta susseguirsi di steli, riposano aristocratici e scrittori inglesi, mercanti svizzeri, diplomatici russi e generali prussiani sedotti dal nostro paese.
Il più antico cimitero inglese in Italia, e forse  di tutto il Mediterraneo, è quello di Livorno. Quando, nel 1594 l’anziana Elisabetta I concluse un accordo commerciale con il granduca Ferdinando I, i mercanti inglesi che giunsero in città acquistarono un terreno per seppellirci i loro morti; qui trovarono degna sepoltura mercanti, marinai, viaggiatori ed aristocratici inglesi e scozzesi, come Tobias Smollet, che dalla metà del Seicento sbarcarono sulle banchine del porto toscano.
La crescita delle colonie straniere in Italia nel ‘700 e la costruzione dei primi cimiteri acattolici
A partire dalla metà del Settecento la crescita delle comunità straniere nella penisola creò il problema delle sepolture  dei sudditi dei paesi non cattolici come inglesi, prussiani, svizzeri, olandesi e russi. Certo non tutti potevano essere spediti in patria dentro un barile di rum, come era accaduto  all’eroe di Trafalgar.
Nei successivi cento anni in tutte le città italiane che accolsero comunità di mercanti stranieri come Napoli, Genova, Venezia, Trieste, Messina e Palermo, ma anche nelle città dove si stavano aggregando comunità di aristocratici, artisti e letterati come a Firenze, Roma, Taormina e Capri vennero aperti cimiteri acattolici. Lo stesso accadde nelle vivaci colonie delle stazioni climatiche della Riviera italiana e nella località termale di Bagni di Lucca. A Roma il governo pontificio concesse un cimitero acattolico nel quartiere di Testaccio, ai piedi della grande piramide di Caio Cestio, dove un tempo partiva la Via Ostiense: qui riposano i poeti Shelley e Keats, oltre alle ceneri di Antonio Gramsci. A Firenze i Lorena concessero alla colonia svizzera una piccola collina fuori da Porta A’ Pinti, dove trovarono pace tutti gli stranieri acattolici della città, in maggioranza inglesi, come la scrittrice Elizabeth Barret Browning, Walter Savage Landor ma anche l’italianista Giampietro Vieusseux, calvinista ginevrino nato ad Oneglia. Il pittore svizzero Böcklin rimase così colpito da quella singolare collina di ieratico silenzio da trarne ispirazione per il suo celebre dipinto Die Toteninsel (L’Isola dei Morti) di cui realizzò cinque diverse versioni. Oggi il cimitero è un’isola di cipressi secolari e di antichi marmi coperti di licheni, ormai circondata dai viali d’asfalto che avvolgono Firenze dopo l’abbattimento delle sue mura.
Tombe di Edward Lear, di Ouida e di altre personalità
A San Remo, addentrandosi tra le macilenti lapidi del settore acattolico del cimitero della Foce, si può visitare la tomba di quel formidabile pittore, viaggiatore e scrittore di nonsense che fu Edward Lear, che riposa a fianco al fedele servitore Giorgio Cocali. A Bordighera, sotto le palme del Vallone di Sasso, cinto da un alto muro, si trova il piccolo cimitero protestante che ospita lo scrittore George Mac Donald, mentre a Genova, nel settore inglese di Staglieno, si può trovare la sepoltura della moglie di Oscar Wilde, Lady Costance. Savona e Bordighera ospitano anche due piccoli campi militari per i soldati ed marinai britannici caduti durante la Grande Guerra, ancora oggi onorati da prati di erba sempre verde e delicate piante di rose e camelie.
Nella valle del Serchio, nel piccolo cimitero inglese dell’antica località termale di Bagni di Lucca, così amata da Byron e Shelley, si trova la tomba di Ouida, l’eccentrica scrittrice inglese paladina dei cani, sepolta in una sarcofago fatto a copia di quello scolpito da Jacopo della Quercia per Ilaria del Carretto nel Duomo di Lucca ultimo dono dal console inglese a Livorno, Montgomery Carmichael, alla sua vecchia amica. Poco distante si allineano le semplici croci di Evangeline Whipple e Rose Cleveland, l’una ricca vedova di un industriale americano, l’altra sorella del Presidente degli Stati Uniti e first lady alla Casa Bianca per due anni: furono amiche, amanti e compagne di vita, che vollero condividere l’estremo limite terreno in questo piccolo angolo di Toscana.
Testimonianze affascinanti del passato inghiottite dalla natura e dall’incuria dell’uomo
Oggi, con la scomparsa o la diminuzione di queste colonie straniere, anche i loro cimiteri hanno iniziato ad inselvatichirsi, venendo lentamente inghiottiti dalle radici degli alberi e dal degrado del tempo. Questi silenziosi custodi della storia sono sempre più spesso gotici luoghi di pace, talvolta assediati da città prive di limiti e confini, alla ricerca di nuovi spazi per strade, parcheggi e condomini che ne lambiscono gli scrostati muri di cinta. Come già è accaduto a Napoli e a Bagni di Lucca, un gesto di sensibilità storica, oltre che morale, dovrebbe provenire dalle amministrazioni comunali che volessero iniziare a prendersi cura di queste piccole ed antiche necropoli protestanti, contribuendo con il loro restauro a tramandare una storia affascinate e silente.
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