Gaston Bachelard: contro il limite, oltre il limite, dentro il limite, nella passione della scienza

Graziella Arazzi
Su Bachelard, matematico, filosofo, teorico dell’immaginazione materiale tanto si è scritto, senza tuttavia intravedere come la sua opera tracci una vera e propria critica della ragione del limite. Proviamo a cogliere il filo rosso del suo interrogarsi
Confini e frontiere delle scienze
Alcuni anni fa, gli intellettuali politicamente corretti amavano distinguere il termine frontiera dal termine di confine, precisando come la seconda parola, a differenza della prima, risultasse segno di accoglienza dello straniero e indicasse un’effettiva condivisione di valori etici. Oggi, con meno ipocrisia di concetti e metafore, si torna ad assegnare il primato al sostantivo frontiera. Recentemente, è stato istituto in Liguria, dalla Provincia di Imperia,  un premio letterario che, ogni due anni, selezionerà la migliore opera di autori di frontiera.  Proprio la duplice valenza della frontiera (chiusura/apertura) porta a verificare come Gaston Bachelard, il filosofo double bind, teorico della scienza e studioso dell’immaginazione, già a metà degli anni Trenta, rifletta senza pregiudizi o timori di sorta sul concetto di limite. L’occasione gli viene fornita dall’ottavo Congresso Internazionale di Filosofia, tenutosi a  Praga dal 2 al 7 settembre 1934. Per ragionare sulla categoria di limite e arrivare a dimostrare la sua illusorietà nonché la sua inefficacia ai fini del miglioramento della cultura, Bachelard non esita a scegliere un terreno arduo come quello della conoscenza scientifica. Può la scienza riconoscere valore al limite, autolimitarsi? In un intervento dal titolo Critica preliminare al concetto di frontiera epistemologica, il filosofo di Digione esordisce con una serie di pressanti interrogativi. Si tratta di una sequenza di domande, che sorreggono l’argomentazione e aprono territori inesplorati: è possibile chiudere lo sviluppo delle scienze entro perimetri ben certi? Possiamo rassegnarci a un modello di conoscenza, che necessariamente si arresti di fronte a limiti universali? La ragione dell’uomo è uno strumento limitato, immutabile, circoscritto nel suo funzionamento, destinato a non varcare soglie, a non infrangere le barriere che precludono inesorabilmente al sapere scientifico la possibilità di articolarsi e svilupparsi oltre tempi e spazi delle colonne d’Ercole?
Bachelard e la scienza del suo tempo
Teniamo presente che Bachelard è già da tempo salito sul treno della relatività di Einstein e dialoga costantemente con chi si sporca le mani nei laboratori scientifici del suo tempo. Richiamandosi alla necessità di una pedagogia scientifica, accordata con gli sviluppi delle scienze del tempo, sollecita a rivedere le trame del pensiero, messe a fuoco nella loro continua trasformazione. In parallelo, chiede che una nuova filosofia scientifica rinunci al reale immediato e aiuti la scienza nella strenua lotta contro le ingannevoli e opprimenti limitazioni del campo d’azione.
Confrontandosi con scienziati e filosofi, Bachelard prende le mosse da lontano per condurci a verificare l’inutilità ma soprattutto la non scientificità del concetto di limite. Una nozione come quella di limite, che sembra chiara e inequivocabile, nasce – avverte – solo da  impressioni ingenue, fondate sulla quiete di luoghi comuni, non giustificati dalla pratica scientifica. Affidandosi a un’analisi serrata,  segnala  varie incongruenze: per limitare la scienza – rimarca il filosofo – si dice che l’uomo non potrà mai raggiungere gli astri o che non potrà mai procedere alla divisione della materia. In tale contesto, limitazioni schematiche, geometriche, che generano frontiere apparenti per la scienza, negano alla conoscenza scientifica la possibilità di svilupparsi su traiettorie inesplorate.
Ma chi professa il culto dei limiti? Solitamente il filosofo metafisico che, dominando la scena, si rifugia nelle tenebre del senso comune e, temendo la crescita del pensiero, si avventa sullo scienziato, sostenendo: “Tu non arriverai mai a conoscere l’essenza della vita, il perché della morte, non potrai mai dire in che cosa consiste il cuore della materia, della luce e così via”.
 
Metafisica del limite
I partigiani della chiusura della scienza si arrogano il diritto di stabilire limiti che non hanno alcun rapporto con il pensiero che tendono a limitare. Su questa strada si arriva a negare alla scienza la possibilità di conoscere la realtà e si attribuisce a una presunta conoscenza intuitiva, più diretta, ma non scientifica, il privilegio di approdare ai tesori del mondo. La posizione metafisica che proclama i limiti della scienza sembra un assunto dotato di verità. In realtà, la sua fallacia viene dimostrata se si considera una serie di questioni che Bachelard espone a catena. Proviamo a cogliere il filo rosso del suo interrogarsi. In primo luogo, per provare che la scienza ha limiti insuperabili e deve riconoscerli come frontiere insormontabili, non è sufficiente fare appello all’incapacità di risolvere alcuni problemi, all’impossibilità di fare certe esperienze e di realizzare alcuni sogni dell’uomo come ad esempio – siamo nel 1934 – andare sulla luna, conoscere Marte e vai dicendo.
Oltre la conoscenza immediata
Per lo spirito scientifico, che procede per calcoli, costruzioni di piani di realtà, messa alla prova di teorie, rettificazioni, abbandoni della realtà ingenua, un problema senza soluzione è un problema mal posto, definito in modo generico, senza la valutazione dei molteplici aspetti di un fenomeno. In questo scenario sfuma la metafisica del limite universale  e oggettivo. “Solo la scienza è abilitata a tracciare le proprie frontiere, tracciare una frontiera vuol dire già superarla” avverte il filosofo. Gli scienziati non divinizzano il limite e neppure lo evitano, semplicemente fanno i conti con vincoli di misure e pratiche di laboratorio. Al pensiero scientifico, che assume e rappresenta la realtà, subentra una scienza ardita ma non tracotante, che supera incessantemente il senso comune, la percezione immediata dei fenomeni, gli schemi consueti e conosce la realtà solo come costruzione delle sue ipotesi. Per Bachelard scientifico è il pensiero sintetico, che abbandona la cautela analitica del conoscere ingenuo e supera il tracciato dell’osservazione immediata, costruendo piani di sperimentazione, dimostrandosi in grado in grado di rettificare la percezione ingenua e svelare livelli di realtà più ricchi, più articolati e più solidi dei meri dati delle percezioni primarie. “La realtà scientifica è sempre frutto di una costruzione teorico-pratica”. Non esiste scienza dell’immediato. All’insegna di quello che il filosofo definisce “ottimismo razionalista”, a delinearsi è un percorso coraggioso, che si confronta con la verifica e con l’errore e che porta a comprendere come i saperi  prosperino attraverso frontiere attive, mobili, fluttuanti, sempre rivedibili, luoghi di confronto, scambio, osmosi, lontani dai limiti neutri, veri e propri deserti del pensiero e dell’indifferenza, rivendicati dai metafisici per la conoscenza umana.

Dal limite al programma di sviluppo della comunità scientifica
Le frontiere della sperimentazione, linee d’azione che lo scienziato sceglie con la libertà metodologica che lo connota, risultano meno opache e opprimenti rispetto ai limiti imposti dalla metafisica e dall’osservazione della natura. Lo scienziato procede per approssimazioni, muovendosi all’interno di vincoli determinati da sistemi di calcolo e di misura, dal quadro di ipotesi, rettificando l’osservazione immediata e definendo campi di esperienza in cui le conoscenze si coordinano in una rete. In questo senso, si potrebbe anche affermare che se per il metafisico il limite è un negatività senza soluzione, imposta da un fato inesorabile, per lo scienziato il limite è fonte di energia, che si sprigiona in una comunità di pratiche in cui errori e confronti alimentano le infinite possibilità di realtà che la scienza può raggiungere. Non è la natura a dare limiti alla scienza ma la scienza a porsi dei vincoli per condurre la natura a svelarsi nei suoli molteplici aspetti. La scienza appare allora come un pensiero che organizza e moltiplica le prospettive di scoperta della realtà. In questo contesto, ben vengano le frontiere ma i metafisici sappiano che esse segnano solo un arresto momentaneo del pensiero, indicano un cambio di marcia, la scansione di un ritmo e che, soprattutto, sono pensate e volute dalla comunità scientifica. Limiti, frontiere, confini: Bachelard crea una tessitura tra i tre termini.
“E’ auspicabile che si arrivi a riformulare il limite in termini di programma piuttosto che di ostacolo assoluto e insormontabile, in termini di possibilità piuttosto di impossibilità ” esorta il filosofo.
Autolimitazione fruttifera per una scienza in corsa con il proprio tempo.

 

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