Tra atavismo e fisiognomica

Doriana Rodino

Le teorie lombrosiane non sono considerate valide perché prive dei passaggi tipici del metodo scientifico, eppure continuano a suscitare interesse nell’epoca dell’”immagine”. Perchè?

Cesare Lombroso e la sua fisiognomica, la pseudoscienza che afferma di poter individuare il carattere di una persona solo dall’aspetto fisico, sono tornati alla ribalta: articoli sui giornali, libri dedicati e quant’altro.
E questo mentre le nuove ricerche neuroscientifiche identificano, “fotografando” con tecniche moderne di imaging, le aree del cervello deputate a caratteristiche psicologiche come sincerità e onestà, come riferisce a luglio New Scientist, autorevole rivista scientifica inglese.
Tuttavia non stupisce il ritorno di Lombroso in un momento storico e sociale in cui l’immagine sembra essere l’unica forma attraverso la quale i nostri cervelli sono ancora in grado di recepire stimoli: perché l’immagine è veloce, è immediatamente carpita e capìta, anche se talvolta non con lo stesso significato che chi ce la propone (o impone) la pensava in origine.
Il percorso dell’immagine dalla retina al cervello, attraverso il nervo ottico, è stato ampiamente documentato, eppure ancora molte sono le lacune sul resto della strada, ovvero su come e dove va a sistemarsi quello che abbiamo visto nei meandri della corteccia cerebrale, la sede delle attività cosiddette superiori dell’uomo.
E forse proprio perché la scienza, o meglio, le già citate neuroscienze, tardano a spiegare questi complicati meccanismi, o ne danno solo parziali interpretazioni, che alcune vecchie teorie semplicistiche riprendono piede.
Sarebbe certo più facile poter conoscere l’animo umano solo dai tratti antropometrici, come sosteneva Lombroso, e così decidere, nel caso di un responsabile del personale, se una persona è più o meno affidabile per un certo tipo di lavoro. Ma il rischio è naturalmente la discriminazione e per fortuna oggi i tempi non sono più quelli di Lombroso.
Resta pur vero, e tutti lo abbiamo provato, che la prima impressione è quella che conta. Lo ha ricordato anche Oliviero Toscani ai microfoni di Oscar Giannini su Radio24 (16 luglio 2009): la faccia parla, serve a decifrare una persona. E infatti uno degli ultimi lavori di Toscani e la Sterpaia consiste in centinaia di grandi fotografie che ritraggono facce di città di tutta Italia, Finale compresa come è stato possibile ammirare durante l’ultima Festa dell’Inquietudine. E per il grande fotografo che, pur ritiene che siano i fattori culturali quelli distintivi della “razza umana”, la fisiognomica di Lombroso ha un qualcosa di suggestivo, anche per questo vale la pena di soffermarsi sulla sua storia.
Lo psichiatra, laureatosi in medicina a Pavia nel 1858, dove divenne direttore della clinica per le malattie mentali per poi trasferirsi a Torino come professore di medicina legale, era un uomo decisamente inquieto; già a vent’anni aveva pubblicato il saggio “Su la pazzia di Cardano”  in cui viene fuori il suo tema ricorrente tra genio e follia: in effetti il giunto cardanico, una tra le invenzioni più utili della storia è risultato di un’idea geniale, ma non vi sono altri indizi, se non un naso particolarmente accentuato e il destino poco felice dei suoi figli (giocatori d’azzardo, traditori del genitore, morti di sifilide), che potessero far pensare a una pazzia del povero Girolamo, grande scacchista peraltro.
La continua ricerca nei campi di studio preferiti da Lombroso – che andavano dalla psichiatria all’igiene pubblica, dall’antropologia alla medicina legale, conditi da un’ampia conoscenza di storia, etnologia, mitologia e letteratura – lo portò a diventare uno tra i maggiori esperti di medicina forense e psichiatria del panorama culturale italiano della seconda metà del XIX secolo: oggi lo vedremmo bene in qualche serie televisiva alla CSI o Criminal minds.
Il suo atavismo dunque ritorna: una teoria secondo la quale i criminali (ma non solo, anche i pazzi e i selvaggi) mantengono alcuni caratteri primitivi dell’essere umano e pertanto sono da considerare inferiori. Nella società occidentale odierna, questi caratteri ancestrali li vediamo in tutto ciò che  è diverso da noi, il caso emblematico è rappresentato dagli immigrati.
La recente legge approvata dal Parlamento italiano, che trasforma in reato l’immigrazione clandestina e autorizza le ronde di cittadini in una sorta di pulizia etnica, fa pensare al fatto che ci siano ancora oggi parecchi estimatori del Lombroso estremista e delle sue teorie intrise di positivismo materialista, che già avevano dato spazio alla pubblicazione di saggi razzisti, come Italiani del Nord e italiani del Sud di Alfredo Niceforo (1901), poi sfociati in tendenze e stereotipi tuttora vivi e presenti. Eppure le teorie lombrosiane non sono considerate valide perché, tra le altre cose, sono prive dei passaggi tipici del metodo scientifico.
Già ai suoi tempi gli erano state mosse critiche in questo senso persino da un suo ex allievo, Camillo Golgi, premio Nobel per la medicina e fisiologia nel 1906: non l’ultimo della classe quindi. Golgi accusava Lombroso (moderatamente s’intende) di non applicare il metodo galileiano pertanto le conclusioni da lui tratte sulla personalità degli individui non potevano derivare solo dalle caratteristiche morfologiche, ma dovevano essere il risultato di un insieme di  ben altri fattori, sia psicologici sia fisiologici (Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi. Mazzarello P., Bollati Boringhieri, Torino 2006)..
Eppure, proprio con Lombroso, Golgi aveva partecipato come volontario a un esperimento di “algometria elettrica” in cui i pazienti venivano testati tramite scosse elettriche di intensità graduale, per determinare la diversa sensibilità al dolore. Nel lavoro che pubblicarono insieme nel 1873 si legge: “I principii della moralità, anche nella problematica ipotesi che siano innati nell’uomo, bisogna che siano risvegliati e mantenuti da una attenta e continuata educazione, senza la quale l’uomo ritorna a quegli stati primitivi e animaleschi nei quali il senso morale è affatto nullo.”
Golgi in seguito dichiarò che i metodi grossolani di Lombroso “non rispondono che assai parzialmente al desiderio di approfondire l’intima essenza dei fatti morbosi” (Pensa A., Discipine e maestri dell’ateneo pavese, Arnoldo Mondadori, Verona 1961).
In ogni caso gli studi di fisiognomica hanno rappresentato un curioso e originale approccio alle primitive scienze cognitive legate alla clinica forense, come dimostra il saggio del 1865 La medicina legale delle alienazioni mentali studiata col metodo sperimentale, che anticiperà molti temi di “Genio e follia” (1872), forse uno dei lavori più celebri di Lombroso.
Tornando alla nostra attuale società dell’immagine, sarebbe interessante osservare Lombroso di fronte al fenomeno Facebook: in breve tempo sarebbe in grado di farsi tantissimi “amici” e avere così a disposizione tanto di quel materiale fotografico per le sue ricerche che non avrebbe mai potuto immaginarsi. Con l’aggiunta delle notizie presenti nei profili poi, come la provenienza geografica e il tipo di lavoro o educazione ricevuta, sarebbe una manna dal cielo per i suoi studi e le conclusioni che ne avrebbe tratto sarebbero sfociate sicuramente in un best seller.
Eppure qualche cosa di verosimile nelle sue teorie sembra esserci quando dichiara nel saggio Il ciclismo nel delitto (ripubblicato nel 1988) che “la passione del pedalare trascina al truffa, al furto e alla grassazione”, visti tutti gli episodi di doping a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni.

Onesti si nasce, e io modestamente…
New scientist riferisce di una ricerca effettuata allla Harvard University di Boston che è stata pubblicata su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences, 2009): è stato messo a punto un test dell’onestà che svela se i pazienti sono onesti o imbroglioni grazie all’utilizzo di tecniche che permettono di vedere quale zona del cervello sia attiva durante una certa operazione. In questo caso la prova è stata fatta lanciando una moneta. Le persone testate dovevano pensare una previsione (testa o croce), la moneta veniva lanciata e quando si osservava il risultato dovevano dire se avevano indovinato o no, quindi si poteva tranquillamente mentire affermando ogni volta di aver indovinato anche se non era vero. In molti hanno mentito, e proprio in questi giocatori bari erano attive aree della corteccia che invece sono rimaste spente negli onesti. (D.R)

La nuova fisiognomica
Grazie alle tecniche moderne l’approccio lombrosiano è stato rivalutato, ma ancora non si sa come il cervello possa decidere al primo sguardo se la persona che abbiamo davanti ci piace oppure non la riteniamo buona per noi. Siamo in grado di farci un’impressione in pochissimo tempo: bastano 100 millisecondi davanti a una faccia, o anche solo a una foto e ci facciamo un’idea di chi abbiamo davanti (Willis e Todorov, Psychological Science, 2006). La spinta verso queste ricerche è arrivata dopo uno studio più ampio volto a verificare la percezione di affidabilità dei politici mostrandone la foto ai partecipanti allo studio. In modo piuttosto curioso il risultato elettorale era in accordo con la sola osservazione dei volti, ovvero se una faccia piace ci sono buone probabilità che vinca le elezioni. Chissà se qualche nostro politico è a conoscenza di questo studio…

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